sabato 28 giugno 2014

Le arti marziali non funzionano!

Verso la fine degli anni '90 i ricercatori statunitensi del Rocky Mountain Combat Application Training (R.M.C.A.T.) hanno eseguito un interessante esperimento.
Costoro hanno dimostrato che la semplice conoscenza di un'arte marziale, per quanto completa ed avanzata, non comporta significative chances di sopravvivenza, quando l'avversario è un vero combattente da strada.

Gli autori dell'esperimento hanno proceduto dapprima convocando un gruppo di élite in qualche modo rappresentativo di varie arti marziali: Karate, Tae-kwon-do, Boxe,  Thai boxe, Kung Fu, Ju-jitsu, Kickboxing, ecc.

Ognuno di questi esperti, venne messo da solo al cospetto di un vero avanzo di galera, un autentico picchiatore da strada, equipaggiato con una speciale tuta imbottita in grado di proteggere tutto il corpo, testa compresa.
 

Le istruzioni date a ciascun partecipante, erano quelle di non attaccare, fintanto che l'energumeno, il quale si produceva in comportamenti ostili e pesanti insulti, non avesse a sua volta attaccato. In caso di attacco, però, sarebbe stato possibile reagire con tutte le forze e con qualsiasi tecnica.

I risultati sono stati sconcertanti.
Ad ogni occasione, il bandito da strada, dopo aver insultato pesantemente il soggetto, aveva attaccato improvvisamente avendo la meglio sul malcapitato. Solo in pochissimi casi il soggetto, ovvero un esperto di arti marziali, era riuscito a reagire tempestivamente ed in modo efficace. Le reazioni, quando ci sono state, sono state scomposte, impacciate e comunque non in grado di fermare la furia dell'attacco.

Cosa è successo, quindi?
Tutti quelli che che hanno preso le botte, a prescindere dal loro livello tecnico, hanno sperimentato il cosiddetto shock adrenalinico da stress emotivo. Di fronte al comportamento minaccioso, sicuro di sé, di un vero delinquente, e malgrado il contesto "controllato" dell'esperimento, gli interessati hanno avuto paura quanto basta per trovarsi in difficoltà a reagire:

Alcuni, pur percependo l'imminenza dell'attacco, hanno esitato quell'attimo che ha permesso all'assalitore di colpire per primo ed avere la meglio

Altri, accorgendosi di essere sul punto di essere colpiti, sono rimasti indecisi e confusi su quale tecnica usare, tra le molte conosciute, dando il tempo all'avversario di attaccare

Altri hanno trovato il tempo di reagire, ma in modo goffo, rigido ed inefficace, senza riuscire a fermare la furia dell'energumeno

Altri ancora sono rimasti semplicemente paralizzati ed incapaci di reagire, mentre quello gli metteva una mano in faccia e li sbatteva in terra

Perché tutto questo? 

Perché atleti eccellenti nelle arti da combattimento, capaci di performance straordinarie nelle rispettive palestre, hanno dato una prova così deludente? Molto semplicemente perché, pur essendo allenati sul piano tecnico, non conoscevano le loro reazioni di fronte alla paura e non erano addestrati ad affrontarle. Vi lascio trarre le conseguenze sulle reazioni di chi non ha la minima conoscenza ed esperienza di combattimento.


La paura.
La paura è un intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto. Essa è un'emozione dominata dall'istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione pericolosa.
La paura irrompe ogni qualvolta si presenti una possibile minaccia per la propria incolumità e di solito è accompagnata da un'accelerazione del battito cardiaco e dal rilascio di un ormone (fra gli altri) chiamato adrenalina. Senza entrare nei particolari, l'adrenalina prepara il corpo a fronteggiare l'imminente pericolo, anche interrompendo ogni funzione che non sia utile alla sopravvivenza immediata.
Questo però presenta diversi inconvenienti: fisici, psicologici, motori e cognitivi.

Fra i tanti possiamo elencare:

  • dilatazione delle pupille;
  • perdita della visione periferica (effetto tunnel);
  • percezione uditiva alterata;
  • errata percezione del tempo e dello spazio;
  • respirazione accelerata o affannosa;
  • rigidità muscolare;
  • perdita della mobilità fine;
  • diminuzione della temperatura corporea;
  • blocco mentale;
  • amnesia;
Mano a mano che la frequenza cardiaca aumenta, il corpo subisce una serie di significativi cambiamenti fisiologici.
  • A 100 -110 bpm le abilità motorie complesse degradano considerevolmente. Le mani tremano, le dita perdono di precisione ed anche le azioni moderatamente complesse, come l'infilare una chiave nella serratura, diventano frustranti e problematiche.
  • A 115 - 145 bpm le abilità motorie complesse si disintegrano del tutto. I sistemi di risposta condizionata che si basano sulle abilità complesso-motorie come il karate, il kung-fu, il krav maga, o la kick-boxing, diventano semplicemente inutilizzabili.
Gli unici movimenti utilizzabili in un contesto di stress indotto da paura sono quelli chiamati “grosso-motori” e questo rende praticamente inutili le arti marziali tradizionali, a meno di non provvedere ad un lungo addestramento speciale.

Per contro i sistemi di autodifesa più efficaci al mondo si basano invece proprio sullo sfruttamento dei movimenti “grosso-motori”.

Le tecniche “grosso-motorie” sono semplici ed istintive, vengono apprese rapidamente ed applicate con facilità ed efficacia, anche nei momenti di maggior tensione, trasformando in questo modo gli inconvenienti dello stress e della paura in una risorsa per la sopravvivenza.
Ecco il "segreto" del nostro metodo!


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